Ma chi è Marìa Fux?

Argentina: Ministero dell'Educazione
Presidenza della Nazione
Canale televisivo: Encuentro (Incontro)


               Grandi personaggi della cultura argentina

                        


         
Conosciamo insieme Marìa Fux

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Nasce a Buenos Aires il 2 di gennaio del 1922.


All'età di tredici anni comincia a prendere lezioni di danza classica con la maestra russa Ekatherina da Galantha e a quindici anni sale alla ribalta danzando la biografia di Isadora Duncan. Per dieci anni si esibisce in forma stabile al "Teatro del Pueblo" di Buenos Aires per diventare poi ballerina solista del teatro Colòn. La sua passione per il ballo la porta a cercare instancabilmente nuove forme di espressione corporea trasformandosi così nella pioniera della danzaterapia. La sua arte e il suo metodo rivoluzionario si diffondono in Argentina e nel mondo intero.
E' la passione per la danza che ha fatto diventare Marìa Fux una delle grandi figure della cultura argentina.



{ Una figlia danzatrice }

Mi muovevo dentro mia mamma, dentro la pancia di mia mamma. Mi muovevo già prima di nascere e una volta venuta al mondo mi sono resa conto, prima dei cinque anni, che volevo danzare.


Ho sempre amato tanto il movimento (molto di più delle parole) e la possibilità, attraverso di esso, di entrare in contatto con me stessa ma soprattutto con gli altri.


Mio papà nacque in Russia e così anche mia madre. Giunsero qui [in Argentina N.d.T.] da giovani, si sposarono e io sono la maggiore di sei fratelli.


Ai compleanni, invece di mangiare la torta, preferivo danzare; chiedevo che spostassero il tavolo per poter danzare per i presenti. Danzavo ciò che avevo dentro di me o le musiche che si ascoltavano allora.
In casa mia, specialmente per i miei genitori, l'idea o il solo pensiero di avere una figlia "ballerina" era come dire una parolaccia. Fin dall'inizio mio papà si opponeva, non voleva che entrasse alcunché di danza in casa nostra ma mia madre, che era una donna speciale (è stata lei il mio primo incontro con i "non posso" del corpo) mi ha sempre, sempre, aiutata. Quando, insieme ai suoi dodici fratelli, arrivò dalla Russia (noi siamo di origine ebrea) si stabilì con la sua famiglia a Buenos Aires. All'età di cinque anni le venne un'infezione al ginocchio e le asportarono la rotula. Di fatto aveva perciò sempre una gamba rigida; io sono la gamba che danza, io sono la gamba mancante di mia madre, che ha trovato la possibilità di comunicare con lei in un altro modo: attraverso il movimento.
Lei, per farmi i costumi da danza per i miei primi spettacoli, tirava giù le tende dalle finestre di casa. Mio papà era molto disgustato e non voleva saperne niente ma proprio niente di avere una figlia ballerina.


Lentamente le cose cambiarono, tappa dopo tappa e attraverso la mia crescita, ho imparato a non essere arrabbiata con lui e ho cercato di mostrargli, a papà, che attraverso la danza poteva esistere un altro mondo, un mondo meraviglioso che era il movimento. Papà lo ha compreso il giorno che è venuto a vedermi al teatro Colòn: quel giorno ha pianto e mi ha chiesto perdono.


{ I maestri interiori }

Non avevo denaro per potermi permettere una maestra di danza. Frequentavo un'associazione teosofica, non che fossi interessata alla teosofia, ma lì c'era un piccolo palcoscenico. Danzavo senza musica quando, come accade nelle fiabe, mi notò una persona che mi avrebbe aiutata intuendo che possedevo qualcosa di molto speciale. Le dissi che mi sarebbe piaciuto prendere lezioni di danza e mi rispose che mi avrebbe dato una mano. Come? Venni a sapere di Ekatherina De Galantha che era una ballerina russa venuta con la Pavlova molto tempo fa e da così lontano, la quale aveva uno scuola nella Calle Posadas. Raccontai tutto alla persona amica che desiderava aiutarmi e che così mi portò a quella scuola di danza. 


Per un anno pagò i miei studi; quando non gli fu più possibile perché doveva provvedere alla madre malata parlai con Galantha. Le dissi che avrei fatto qualsiasi cosa pur di continuare a studiare. Mi chiese se fossi disposta a fare le pulizie, pulire i bagni, ecc. Io acconsentii e fu così che mentre perdevo l'opportunità datami da questa persona che pagò un anno intero ho cominciato a lavorare lì senza interrompere i miei studi.
Completai tutta la mia formazione lavorando da lei per dieci o dodici anni ma nello stesso tempo, siccome leggevo molto (libri in prestito), seppi di Isadora Duncan e dell'esistenza di scuole differenti, di danza contemporanea. Mi informai e dentro di me cominciò a prendere forma il desiderio che avrei poi realizzato: non fare danza classica, non ballare sulle punte.


Mi appassionò moltissimo la verità con cui Isadora Duncan portò avanti la sua ricerca. Dissi che mi assomigliava come una sorella, anche più di una sorella. Mi ha insegnato che potevano esistere altre strade per incontrare il movimento.


L'ho sempre tenuta presente come un esempio di libertà e di generosità, di sentire che ciò che faceva le apparteneva veramente. E' una bella immagine di come, "guardare un albero e sentirne le foglie che si muovono nel vento", dà un ritmo fruibile per il movimento. Ho appreso così, nel silenzio, che ciò che si vede con gli occhi si può danzare.


{ Altri cammini per il movimento }

Ero costantemente alla ricerca di un palcoscenico, volevo sempre fare spettacoli. Sapevo del Teatro del Pueblo e andai a parlare con Leònidas Barletta, il suo direttore, che mi domandò chi fossi. Gli risposi che se mi avesse dato accesso al palcoscenico avrei potuto presentarmi. Danzai nel silenzio ciò che stava accadendo dentro di me: desideravo amare lo spazio, desideravo esprimermi, desideravo danzare. Si mostrò interessato. Mise a disposizione il suo teatro e mi chiese se avessi pubblico. Gli risposi di sì, di avere una famiglia numerosa e cominciai proprio con loro. I miei primi spettatori furono proprio i miei familiari. Mia madre fece i costumi e debuttai al Teatro del Pueblo. Feci uno spettacolo aderente a come mi sentivo in quel momento. Avevo la passione che si ha quando sappiamo di percorrere la strada che ci appartiene. Feci la mia rappresentazione e Barletta mi disse che potevo farne un'altra. Trovai così nel Teatro del Pueblo un luogo dove esibirmi e dove ho avuto il tempo e la fortuna di sentire occhi su di me che ammiravano ciò che facevo sul palco. Ciò mi ha dato molta forza e ringrazio infinitamente Barletta: è stata la prima persona che ha riconosciuto che dentro di me c'era qualcosa in più del movimento.


{ Danzando per il mondo }

Nel 1955 mi hanno invitato a danzare per i giovani di Varsavia. Sono partita, con mio figlio di dieci anni, in un piroscafo dove ho fatto ballare ogni passeggero e nel quale ho imparato a convivere con gente sconosciuta, nel corso di un viaggio che mi portò a Le Havre, da lì proseguendo in treno e infine con un altro treno fino a Varsavia dove mi sono esibita rappresentando l'Argentina. Ero stata scelta dal ministro della cultura del soviet (in quel momento c'era il socialismo in Russia), e mi disse che il suo interesse era sorto dopo avermi visto ballare una zamba argentina. Amo moltissimo il folclore: ebbi l'idea di portare con me un materiale straordinario, tutti i ritmi dell'Argentina interpretati da Los Abalos. Il ministro, dopo avermi rivisto, m'invitò a Mosca insieme a mio figlio per mostrare questa danza diversa dal balletto classico e da Isadora Duncan e sconosciuta per la gente di là. Questo era qualcosa di speciale. Mi hanno contrattato all'Hermitage e lì sono stata un mese intero esibendomi tutte le sere insieme a mio figlio (che partecipava ai miei spettacoli suonando la percussione con il bombo). Ero sul punto di accettare un altro invito per andare a danzare in Cina e parlai con Sergio, mio figlio, dicendogli che avremmo potuto proseguire. Ma prima volevo sapere da lui che cosa volesse fare. Lui rispose che gli mancava il suo cagnolino. Decisi quindi che era tempo di tornare in Argentina.


Al mio ritorno feci uno spettacolo per il Municipio di Buenos Aires. Mi vide il direttore del teatro Colòn e mi disse che gli sarebbe piaciuto avermi nel suo teatro. In quell'occasione danzai nel silenzio, Garcia Lorca e i classici attraverso la musica di Vivaldi: questo fu il mio spettacolo al Colòn (teatro che continuo ad amare...tutto questo ha profondamente segnato la mia vita: le paure che provavo di fronte a quello scenario e a quel luogo tanto speciale, mi aiutarono a recuperare le forze per realizzare lo spettacolo mentre mio papà mi stava guardando).



Mi rivolsi al Ministero della Cultura argentino. Avrei voluto fare una serie di spettacoli con vari soggetti. Mi assegnarono dodici date nel Chaco, non solamente a Resistencia ma anche in luoghi sperduti i cui nomi non avevo mai sentito nominare, ed io accettai. Si trattava di piccole località all'interno del Chaco. Per spostarmi mi portavano in un piper, un aereo piccolo così, che poteva sorvolare le zone alluvionate dato che non si poteva procedere via  terra. Io andavo. Portavo con me la mia musica e i miei costumi, nascosta in un angolino e morta di paura sentendo come si muoveva questo piccolo aereo. Arrivai in un posto, l'aereo atterrò e mi lasciò lì, un luogo desolato. Mi venne a prendere un camioncino. Salii sul camion e chiesi al conducente seduto accanto a me dove sarei dovuta andare a danzare. Mi rispose di aspettare...di aspettare...arrivammo a Quitilipi ma ancora non vedevo il palcoscenico. Infatti non c'era: avrei dovuto danzare in una specie di grande bar, come una sagra, dove la gente beveva. Dietro tutto questo c'era un piccolo palco di due metri per quattro.  Mi portarono due candelabri per illuminare la scena, collocammo la musica, mentre sentivo arrivare il mio pubblico: udivo l'abbaiare dei cani, il canto dei galli, la gente che arrivava chiassosa, che gridava, si sedeva. Uscii e annunciai che non avrei ballato sulle punte ma che avrei danzato "la parola", che avrei ballato un chamamè e che volevo offrire loro qualcosa di speciale che avevo portato con me, dentro al mio corpo. I galli non tacquero, i cani nemmeno, ma la gente sì. 
E così ho fatto il mio spettacolo.


{ Danza senza musica }

Credo con assoluta certezza che dentro al corpo esistano ritmi percepibili. Questa convinzione mi ha sempre aiutata a creare danza senza musica. Quando una mia amica ha avuto un bambina sorda mi sono resa conto che non conoscevo nulla del mondo del silenzio. In quel momento stavo danzando "quasi sulle nubi", all'Hogar Obrero nella calle José Maria Moreno, avenida Rivadavia, all'ultimo piano. Il Comune mi mise a disposizione una specie di ascensore, un palcoscenico, quasi nell'aria, e io danzavo quasi senza tenere parapetto. In questo spazio dove qualche volta utilizzai anche il silenzio per danzare, udivo le grida lancinanti della figlia della mia amica. Rimasi molto impressionata perché in generale i bambini al vedermi ballare rimangono tranquilli e ammirati.
Chiesi alla madre di portarmela per vedere se potessi farla sorridere e danzare. Si chiama Letizia. Era sempre desiderosa di vedermi danzare ma non si muoveva mai. Io mi mettevo addosso oggetti, colori, facevo movimenti per farle comprendere che poteva fare lo stesso. Mi sono accorta che per fare danzare qualcuno che non sente è necessario essere molto chiari e ciò che si dice deve essere molto semplice, perché questa persona sappia che il movimento le appartiene. Così ho scoperto la meraviglia del linguaggio attraverso le immagini ed attraverso le cose che ci circondano, entrando in quella parte della danzaterapia dove l'utilizzo del silenzio avviene mediante ciò che possiamo osservare fuori e dentro di noi.


{ Spostare il limite }


Mi hanno sempre interessato "i limiti". I miei limiti personali a anche i limiti degli altri. Ho imparato che le paure che proviamo quando diciamo "non posso" con il corpo, possono trasformarsi in "sì posso", attraverso il movimento o gli stimoli che io do. La danzaterapia è sorta attraverso quello che è la mia vita. Ricordando ciò che raccontai all'inizio su mia madre e sulla sua gamba che non si poteva flettere (non aveva la rotula) ho imparato che giustamente, una persona come mia madre, poteva svolgere molte cose meravigliose che tanta gente con le gambe a posto, che corre, balla e che si muove, non era in grado di fare. Ho appreso che i limiti che lei mi poneva quotidianamente si stavano sempre sviluppando, tendevano verso una possibilità, nel "sì posso". Così mi sono resa conto che le persone che venivano al mio studio di danza e mi dicevano che avevano questo o quell'altro problema e mi portavano certificati del medico:...io non capisco, non sono un medico, non sono una psicologa...sono una persona e un artista. Con l'arte ho compreso che il movimento fa cambiare. La danzaterapia produce cambiamenti molto grandi nel corpo che comincia lentamente a dire "sì posso" attraverso il movimento. E' un lavoro che continuo a portare avanti, sempre cercando di comprendere, provando a "dare" e sentendo che i limiti si possono spostare lentamente.


Nel Maitén, nel sud della Patagonia, hanno trovato una bimba indigena che non parlava: era sorda. Una suora della Misericordia l'ha accolta con sé come una figlia. Un giorno in cui avevano bisogno di un apparecchio acustico, incontrarono un'altra bimba che stava anche lei acquistandone uno. La bimba intanto danzava. Allora la suora domandò come mai, da sorda, potesse ballare. Le dissero che infatti sì, era sorda, ma poteva danzare perché studiava con Marìa, la sua insegnante, una ballerina. La piccola, che si chiamava Marìa anche lei, venne portata al mio studio di danza, un sabato mattina, giorno in cui svolgo l'incontro integrato con giovani con più o meno problemi. Accanto a questa creatura, che è poi cresciuta al mio fianco e dalla quale ho appreso, guardando i quaderni, che possibilità avesse di relazionarsi con il linguaggio, ho imparato non solo come si lavora nel silenzio, integrando nella vita le varie diversità ma imparai tanto sull'importanza, per me e per lei, d'incontrare il movimento.



E' rimasta con me per dieci anni. Ogni volta aveva maggiori possibilità di linguaggio per esprimersi. Evidentemente quando si giunge alla conoscenza più profonda che è il corpo in movimento, tutto ciò rimane e non può più essere dimenticato. La ricordo, la amo, le voglio bene, questa è una delle tante storie che nella vita mi hanno commosso e in cui ho imparato che "sì, si può".


Ho avuto una vita ricca, bella, piena di difficoltà e di enorme allegria.
So bene che all'interno di ciò che sono c'è un segreto che appartiene a tutti, che è il movimento. Fare le cose più autenticamente possibile, dicendo la verità e danzando.


Tutto quello che ho fatto e che continuo a proporre è rivoluzionario. I miei spettacoli verranno criticati dai gruppi di danza contemporanea o di danza di altro tipo. Ma ho seguito la mia vocazione.


Si ringrazia Canal Encuentro di Buenos Aires e la danzatrice Marìa Fux.
Traduzione di Valentina Vano

Le virtù della danzaterapia

Un alunno, danzando.
Incontro di danzaterapia a Buenos Aires nello studio di Marìa Fux


Perché dedicarsi, oggi, un incontro di danzaterapia metodo Marìa Fux?
(benefici nel medio-lungo termine)






La danzaterapia metodo Marìa Fux è pregna naturalmente di tutte le qualità intrinseche nell'arte della danza: respiro, potenza muscolare, forma, ritmo, limite e improvvisazione.
Questi fattori sono relazionati direttamente a come ci sentiamo, a come funzioniamo e a come ci vincoliamo con gli altri. Combinando la creatività, la musica e la cinestetica, la danzaterapia metodo Marìa Fux può considerarsi senz'altro un'occasione di crescita personale e un'opportunità per incrementare il proprio "star bene".


A livello psico-fisico la danzaterapia metodo Marìa Fux:

- riduce lo stress
- riconcilia con emozioni e sensazioni spesso evitate o dimenticate
- migliora la relazione con gli altri
- definisce i limiti
- dà nuovo impulso alla propria personalità e al carisma
- abbatte i blocchi creativi
- eleva l'autostima, restituisce sicurezza personale, eleganza, allegria, fiducia in se stessi 


Possono trarne beneficio persone di tutte le età e condizione fisica.
Non sono necessarie conoscenze nel campo della danza, né particolari talenti.


Inoltre, a livello fisico la danzaterapia metodo Marìa Fux :

- aumenta la capacità di percezione ed equilibrio
- combatte lo stress alleggerendo le tensioni muscolari (specialmente nelle spalle e nella schiena) 
- previene l'osteoporosi e diminuisce l'intensità dei dolori reumatici ed articolari 
- favorisce una maggiore tonicità muscolare e corregge le cattive posture, riallineando la colonna vertebrale 
- stimola l'intelligenza corporea mediante l'arricchimento sensoriale e l'apertura psico-motoria a nuove vie di risoluzione creativa dei problemi, promuovendo una più nitida lucidità mentale 
- incoraggia la possibilità di esprimersi liberamente

Le idee e i sentimenti di ciascuno diventano coerenti con la propria estetica personale, irripetibile ed unica: si generano così cambiamenti nell'area del benessere emotivo della persona. 

Migliora notevolmente il livello di qualità della vita e della forza dei rapporti sociali nell'ambito della famiglia, degli amici, del lavoro.

Aumenta e migliora la coordinazione senso-motoria, la capacità di apprendere ed elaborare competenze ed informazioni nuove. Permette di reperire dentro di noi tutti gli strumenti per trasformare, queste conoscenze, in azioni concrete.



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Informazioni:

Valentina Vano
Milano, MI, Italy
danzaterapia@ymail.com
telefono: 339.4805.033 


Lezioni di danzaterapia individuali e di gruppo.
Per: adulti, bambini, terza e quarta età, attori, danzatori, cantanti lirici; disabilità, psichiatria, disagio, disturbi dell’ansia.
Seminari di formazione per operatori del settore e di pedagogia musicale per favorire un corretto ascolto della musica e sviluppare una maggior sensibilità alla percezione del suono.
Il Metodo applicato (Fux) è artistico e non fa riferimento a contenuti psicoterapeutici.





Una chicca su Marìa Fux

Marìa Fux

"Un'esile biondina, 
dallo sguardo e dalla voce ammalianti"


(dal blog argentino http:/veji-ufa.blogspot.it/
contatto: jcgargiulo@hotmail.com)

[Traduzione dallo spagnolo di Valentina Vano, www.metodomariafux.com]


Racconterò qui alcuni frammenti aneddotici riguardo a questa grande danzatrice che ancora oggi continua non solamente a cavalcare l'avanguardia della danza mondiale con la sua immensa e lunga carriera ma che si è distaccata anche per il suo lavoro come creatrice e pioniera. Infine, completerò queste mie parole con alcuni brevissimi cenni sul suo percorso personale e i suoi meriti.

"Ero appena più che un adolescente quando un giorno mio cugino venne a trovarci per comunicare alla mia famiglia il suo fidanzamento con una ragazza con la quale pensava di sposarsi. Desiderava presentarcela, specificando che si trattava di una danzatrice e [che lei, NdT] avrebbe voluto mostrarci un saggio della sua arte. Così ci accordammo e in un pomeriggio estivo giunsero tutti e due a casa nostra. Espletammo i dovuti convenevoli. Rimasi estremamente impressionato dalla sua grazia e dalla sua bellezza. Un'esile biondina, dalla voce e dallo sguardo ammalianti. Mi consegnò un disco di Cèsar Frank e, già cambiata e preparata, mi fece cenno di metterlo. Io con sollecitudine collocai il disco in un gran giradischi di legno scuro, di quelli con la testina magnetica e che in più avevano la radio a valvole incorporata.

Danzò nella grande sala da pranzo che avevamo previamente sgomberato dai mobili principali perché potesse disporre dello spazio sufficiente. Fu un'esperienza singolare. Personalmente, avevo una conoscenza della danza che attingeva dal balletto classico. Al teatro Colòn avevo avuto il privilegio di vedere non solamente la compagnia stabile ma anche altre compagnie che venivano in tournèe dall'estero. Il contrasto con il tipo di danza che proponeva Marìa Fux - che ci diceva essere danza moderna - era sostanziale; lei ci ha iniziato, anzitempo, al mondo del non-classico.

Terminata la presentazione, lo spettacolo e le relazioni familiari, poco tempo dopo si sposò con mio cugino Juan. Da questa unione è nato un figlio, Sergio Aschero, oggi famoso musicista, creatore del sistema in cui le note della scala musicale sono colori che rimpiazzano la scrittura di notazione tradizionale.

Ho avuto opportunità di rivederla danzare in vari teatri, una volta in presenza dei famosi ballerini Clotilde e Aleksandr Sakharov. Successivamente lei partì alla volta degli Stati Uniti per perfezionarsi con grandi maestri [Marta Graham, NdT] e la vita ci ha allontanati. Non sarei tornato a rivederla se non in occasione di un recital di suo figlio e poi nel giugno del 2006 quando, già anziana, ha dato il suo ultimo spettacolo "Biografia Danzata" al Teatro Regio di Buenos Aires. Al termine della sua splendente e commovente performance, l'ho attesa con mia moglie all'uscita degli artisti ed è stato lì che ci siamo scambiati parole nostalgiche ed affettuose. Marìa Fux è mia cugina acquisita.

Piccola biografia: danzatrice, coreografa e danzaterapeuta. Solista del Teatro Colòn dal 1954 al 1960, ha calcato i palcoscenici dei principali teatri mondiali. Si è specializzata in danzaterapia anche per persone disabili creando un metodo di provata rilevanza mondiale e fondando sedi della sua scuola in differenti città europee e americane. Si è distinta per essere stata invitata dall'Istituto per la Disabilità di Cuba.

E' nata nel 1922 e nel 1942 ha cominciato a danzare nel Teatro del Pueblo [Teatro del Popolo]. Nel 2002 è stata nominata Cittadina Illustre della Città di Buenos Aires.

Tutto ciò che concerne questa donna straordinaria potrà leggersi nelle sue numerose biografie navigando in internet.

Ciao e alla prossima!"

María Fux: www.mariafux.com.ar

Sergio Aschero: ascheropus.blogspot.com




Maria Fux: il video
GENESIS DEL CHACO - ANNO 1959





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Valentina Vano
Milano, MI, Italy
danzaterapia@ymail.com
telefono: 339.4805.033 


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Per: adulti, bambini, terza e quarta età, attori, danzatori, cantanti lirici; disabilità, psichiatria, disagio, disturbi dell’ansia.
Seminari di formazione per operatori del settore e di pedagogia musicale per favorire un corretto ascolto della musica e sviluppare una maggior sensibilità alla percezione del suono.
Il Metodo applicato (Fux) è artistico e non si basa su contenuti psicoterapeutici.





Intervista a Marìa Fux

La divina Marìa Fux

"Danzare è la vita"

Venerdì, 4 marzo del 2011
DANZA> MARIA FUX DEBUTTA CON: “E ADESSO CHE?...”

AL TEATRO 25 DI MAGGIO DI BUENOS AIRES
“Danzare è la vita”
La coreografa, direttrice, docente e creatrice della danzaterapia ha dato il suo addio al teatro lo scorso anno, ciò nonostante, attraverso l'insegnamento, continua a danzare nel suo Studio.
A 89 anni compiuti, presenterà uno spettacolo che affida al movimento il compito di rispondere a interrogativi fondamentali.

Quotidiano PAGINA/12
Intervista di Marìa Daniela Yaccar
[Traduzione di Valentina Vano, www.metodomariafux.com]

- Marìa Fux indugia su un semplice dettaglio per giungere alla conclusione:

“Dalla mia finestra vedo un uccellino che ha fatto il nido. Non è una colomba, è più piccino...è divino. Osservo come sta, che cosa stia facendo. Sono un’amante della vita”.

Chi potrebbe darle torto?

Fux si è ritirata dai palcoscenici mondiali da meno di un anno, ciò nonostante, a 89 anni, dedica alla danza tutte le forze e ogni istante di cui dispone. La insegna nella sua casa-Studio di Buenos Aires; la pensa, la disegna e la mette in scena, come avverrà nei prossimi venerdì e sabato alle 20.30 al Teatro 25 di Maggio (Avenida Triunvirato 4444), dove dirigerà il "Gruppo Oggi".

- L’ultima novità della creatrice della danzaterapia s’intitola “E ADESSO CHE?...”, spettacolo che si rivolge al movimento come cosa viva, al quale Marìa si dirige per porre domande puntuali, quand'anche rimaste senza risposta, come quella che dà il titolo allo spettacolo stesso.

“Ciascuno di noi si chiede sempre che cosa farà dopo, una volta concluso quello di cui si sta occupando. Penso che tutto ciò sia il mistero”, riflette la coreografa, che nel corso della sua intervista a Pagina/12 dà a intendere che continuerà ad andare avanti e che non è sua abitudine soffermarsi troppo su questo tipo di domande.
E’ che per Fux (che lascia trasparire dalle sue parole la stessa passione che ha contraddistinto i suoi esordi – quando convinse Leònidas Barletta che le permettesse di mostrargli ciò che sapeva fare), danzare, è la vita!
In questo nuovo spettacolo è assente una tematica sequenziale, piana, concreta.

- La creatrice, che ne è anche direttrice, ci offre una sintesi povera di parole:

“Cerchiamo di porre domande a cui il corpo a volte risponde, a volte no.
Il movimento è la spina dorsale di questo tentativo ".

Ci sono altre componenti (o “stimoli”) molto importanti, che non casualmente Fux ha messo in scena nelle sue opere precedenti. La musica, sempre contrastata: Piazzolla, René Aubry, Scheila Chandra, e altri; i colori, attraverso le immagini di Pérez Célis, che hanno già fatto da coreografia al suo spettacolo di addio al palcoscenico; e il silenzio. Marìa stessa è un’amante del silenzio che ha conosciuto molto da vicino nel suo intenso lavoro con i sordi.

- In sintesi, l’insieme nasce da un messaggio ultra positivo, proprio e tipico di Fux:

“Con  'E ADESSO CHE?...'  vogliamo affermare che sì, si può.
Cerchiamo di attraversare e superare le paure per poter comprendere cosa ci stia succedendo e quali siano gli stimoli capaci di convincerci a danzare con tutto il corpo”, si dilunga la coreografa. 

Chiarisce che, senza dubbio l’opera è relazionata con la danzaterapia, anche se la metodologia di sua creazione non è solamente questo.

“La danzaterapia si dirige anche a persone con problemi particolari. In questo caso, invece, si tratta di un gruppo di professioniste che lavorano con il metodo da me creato. E, fondamentalmente, tutte hanno potenzialità artistiche”, sottolinea. 

Sono dodici ballerine di età differenti, una di loro oriunda italiana, paese dove Fux ha lavorato per più di trent’anni, nelle scuole di formazione delle città di Milano e Firenze.

- A cosa si riferisce quando parla delle paure?

"Penso che, in generale, abbiamo paura delle rughe, del segno del tempo che passa; parlo della paura di rimanere senza la possibilità di potersi muovere, delle malattie, dell’avvenire.
Io provo spavento nelle strade per ciò che vedo: la gente che cerca di guadagnarsi il pane frugando nei rifiuti per rivendere quello che può, le persone che dormono abbandonate per terra e il dolore di sapere che non c’è sufficiente istruzione perché tutti i bambini possano almeno imparare a leggere e a scrivere. Amo la scuola pubblica, certo, lotto perché possa raggiungere un buon livello e tutti noi possiamo apportare qualcosa di buono per andare avanti sempre migliorando".
Queste sono le paure. Anche il non sapere mi fa paura".

- Intende il corpo come un corpo che non può non essere sociale, vale a dire, non entrare in relazione con il suo contesto e con il corpo degli altri?

"Ogni corpo è particolare. Ognuno di noi ha il corpo che si è formato attraverso il divenire della propria vita. Il corpo cambia così come cambiamo noi. Il corpo è unità, non è ne piedi né testa. E’ la totalità della persona".

- Perché la danza serve ad affrontare le paure ed i dolori?

"Aiuta a riequilibrare il tuo mondo emozionale e fisico. Perché non si insegna né attraverso passi o posizioni, né attraverso esercizi. La danza aiuta a comprendere, a cercare di sapere chi sei, ed interpretare come è lo spazio in cui vivi e creare colore con il corpo stimolato dalla musica. La danza genera trasformazioni; dipende da chi la riceva, da come la riceva, cosa sia quello che uno va sentendo".

L’esperienza di Marìa Fux "sul campo" è infinita.
Ha portato la sua arte nei manicomi, nelle carceri, negli ospizi; in ogni posto ha generato cambiamenti, attirando a sé migliaia di alunni interessati alle peculiarità della sua metodologia.
Contemporaneamente calcava il palcoscenico del Teatro Colòn di Buenos Aires, e riceveva premi e riconoscimenti da ogni dove.
L’anno scorso ha lasciato i teatri con la sua opera unipersonale “DIALOGO CON IMMAGINI”.

- Come direttrice, coreografa e docente – e danzatrice, nel suo Studio – ha ancora voglia di indagare nel profondo dell’ambito della sua disciplina:

"Il mio metodo di danzaterapia non è ancora terminato. Anzi, sta appena cominciando. Stanno sopravvenendo moltissimi cambiamenti, fermo restando, certo, le cose positive. Tutto cambia perché quella che sta cambiando sono io. Il mio metodo non è una formula che si ripete. Non è “uno più uno fa due”; “può essere tre”.

- Fux è molto soddisfatta che altri proseguano con il metodo e non finisce mai di sorprendersi:

“Oggi ha chiamato una persona che mi ha riempito di emozione. Mi ha detto di essere cieca e che amava la danza, anche se non ha mai potuto vederla. Mi ha chiesto se c’era una qualche possibilità per lei di entrare a far parte di un gruppo di lavoro. Le ho risposto di sì, che sempre è possibile integrarsi. Mi sorprende di meraviglia questa continua ricerca dell’altro e mi fa conoscere i miei propri limiti”.

- Non le manca il palcoscenico?

"Ho calcato le scene per più di sessant’anni come unica interprete delle mie opere. Credo di aver compiuto una traiettoria di tutto rispetto…adesso rimango sulla scena ma osservando da un altro punto di vista e con un’esperienza più completa: invece di specchiarmi in quello che faccio, vedo le possibilità attraverso il corpo degli altri. Dono al gruppo e alla gente che verrà tutto ciò che nessuno mi ha mai saputo dire, ma che ora io posso dare all’altro. E' evidente che avrò sempre nostalgia, ma non lascerò mai il teatro. Danzo all'interno delle mie lezioni. Continuo a progredire, andare avanti è la vita".

Un altro ambito nel quale Fux si è sempre dilettata con la sua arte sono state le piazze.
Lei stessa si definisce come una “donna di borgata”, perché é cresciuta nel quartiere di Caballito ed era sua abitudine danzare nel Parco Centenario.
Quindi è più che entusiasta che il teatro che ospiterà il suo spettacolo si trovi in un quartiere così tipico e popolare come Villa Urquiza.
Inoltre è particolarmente soddisfatta del prezzo contenuto del biglietto: solamente 5 pesos!
Confida che potrà attirare così il pubblico che più le interessa: quello che non conosce ancora la danza.

- Perché la danza non gode di un pubblico tanto ampio?

"La gente guarda la televisione. Le cose orrende che vengono trasmesse! Quello è il linguaggio che si utilizza abitualmente, ciò che si vede e si ascolta di sera alla tv".

- E alla televisione sì che c’è la danza. Per quale motivo questa disciplina acquisisce un livello tanto degradato quando…

"…è una danza che non ha nulla a che vedere con il mondo interiore, ma con ciò che stai mostrando dal collo verso il basso, come nel programma di Tinelli. Tutto questo mondo preferisco non guardarlo; ho cose da leggere, da ascoltare o preferisco stare tranquilla in silenzio, pensando che sarà e che andrò creando domani".

danzaterapia
Buenos Aires, io ti danzo!

- Allora, "E ADESSO CHE?..."

"Che fortuna che ho potuto costituire un gruppo! Che posso stare su un palcoscenico da un altro punto di vista. Che posso crescere per continuare a dare! Che il gruppo percepisce ciò che sto facendo e si sente parte, non di me, ma di se stesso.
Che fortuna che ho tanto da continuare a fare!"



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Abbraccio - Maria Fux e Valentina Vano - Buenos Aires



Lezioni di danzaterapia individuali e di gruppo.
Per: adulti, bambini, terza e quarta età, attori, danzatori, cantanti lirici; disabilità, psichiatria, disagio, disturbi dell’ansia.
Seminari di formazione per operatori del settore e di pedagogia musicale per favorire un corretto ascolto della musica e sviluppare una maggior sensibilità alla percezione del suono.
Il Metodo applicato (Fux) è artistico e non si basa su contenuti psicoterapeutici.



A chi è adatta la danzaterapia?

Valentina Vano  - Buenos Aires 

Perchè Marìa

La danzaterapia di Marìa Fux è un sistema di movimento stravagante, visionario, evocativo.

Profondamente aggrappato alla realtà della vita quotidiana si nutre dell'estetica contemporanea, affronta le tematiche del corpo nell'oggi e trasformandosi è in continua evoluzione. Per questo motivo produce ed offre abbondanti stimoli artistici capaci di smuovere la persona nel suo presente, per migliorarne sensibilmente la qualità della vita, delle sue relazioni con l’ambiente, con lo spazio e con l'altro.

A livello emozionale stempera le difficoltà e il senso di insicurezza nel mettere in gioco i propri sentimenti e, non senza paura ma semmai con coraggio, invita ad osservarsi.

Potremo cogliere così la bellezza intima racchiusa al nostro interno; delineeremo i contorni della nostra storia individuale che definiscono in maniera inconfutabile il corpo di ciascuno di noi. Incontreremo la peculiarità della nostra essenza che col tempo scolpisce la forma e soprattutto la misura delle nostre compensazioni. Andremo a valorizzare gli aspetti salienti che ci differenziano l'uno dall'altro e forgiano la nostra unicità.

La danzaterapia è adatta, indicata e raccomandata per tutti, uomini e donne di qualsiasi età, bambini e anziani; la sua prerogativa è quella di poter agire ed apportare benefici in forma autonoma rispetto alla storia personale del soggetto; per produrre il cambiamento non è tanto importante "sapere" o "spiegare" quanto  "sentire" il proprio corpo.

L’obiettivo è accogliere.

Accogliere in un clima protetto e creativo, privo di minaccia e giudizio e di accompagnare la persona sostenendola nel percorso di crescita e di maturazione emotiva, promuovendo la capacità di generalizzare e soprattutto trasferire l’esito positivo ottenuto a livello soggettivo nel corso dell'incontro di danzaterapia negli altri ambiti della vita sociale, ovvero capitalizzare l'esperienza vissuta dentro al setting protetto per spenderla poi nel quotidiano. 

Uno sviluppo più armonico della personalità permette un migliore adattamento sociale. 

L'intervento del danzaterapista aiuta a sviluppare una migliore autostima e un più solido senso di identità, offrendo ai soggetti le opportunità e gli stimoli per acquisire un’immagine di sé più gratificante e definita, creando un clima relazionale positivo e di sostegno in cui ognuno si senta stimato e rispettato. 

La danzaterapia si nutre di linguaggi espressivi alternativi, spesso apparentemente paradossali, illogici e provocatori, per trovare un proprio canale di comunicazione e dare forma ai contenuti interni spesso impossibili da esprimere a parole.
La specificità dei linguaggi utilizzati è sempre in funzione alla stimolazione del  processo creativo che permette la gratificazione delle proprie istanze interne manifestandole attraverso la forma visibile, estetica e corporea e anche favorendone la riorganizzazione cognitiva ed emotiva. 

Per quanto riguarda le persone disabili la possibilità di esprimere e mostrare i loro elaborati artistici, creativi e coreografici, attraverso i quali sentirsi protagonisti, può rappresentare un’altissima forma di gratificazione.

Per quanto riguarda il pubblico in generale la danzaterapia di  Marìa Fux offre a tutti l'enorme possibilità di riacquistare una dimensione vitale di concretezza, buon umore, aumenta la capacità di risolvere problemi e di comprendere e accettare con rinnovata nitidezza ciò che succede, è successo, succederà. 


Marìa Fux e Valentina Vano - Buenos Aires


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Informazioni:

Valentina Vano
Milano, MI, Italy
danzaterapia@ymail.com
telefono: 339.4805.033 


Lezioni di danzaterapia individuali e di gruppo.
Per: adulti, bambini, terza e quarta età, attori, danzatori, cantanti lirici; disabilità, psichiatria, disagio, disturbi dell’ansia.
Seminari di formazione per operatori del settore e di pedagogia musicale per favorire un corretto ascolto della musica e sviluppare una maggior sensibilità alla percezione del suono.
Il Metodo applicato (Fux) è artistico e non si basa su contenuti psicoterapeutici.





I "miracoli" di Marìa Fux

Marìa Fux

Sono una foglia che danza portata dal vento.
Vengo a cercarti. Per incontrarti di nuovo come se fosse la prima volta



La Repubblica
Milano, lunedì 25 febbraio 2002

Balla da sola a 80 anni la “maga” della danza
SE ESISTONO ancora persone che compiono miracoli, Maria Fux è una di queste. 
Con la sua danzaterapia ha fatto danzare sordi, ciechi, anziani, bambini down, celebrolesi. 
Minuta, un viso intelligente e dolcissimo, questa signora dotata di grande cultura (la pittura surrealista e la musica degli impressionisti hanno ispirato parecchi suoi lavori), nata in Argentina da una famiglia ebrea russa, molto povera, non mente quando afferma: «Inizio la vita adesso, a ottant'anni».
Con grande passione - "non sono una psicologa, neppure una terapista, sono un'artista" - persevera ancora nella sua missione girando per il mondo, dove organizza spettacoli, stage di formazione professionale e corsi aperti a tutti, disabili e non. Ha pubblicato vari libri, il più noto "Frammenti di vita nella danzaterapia". L'abbiamo incontrata alla vigilia del suo spettacolo milanese, "Sintesis de Vida", in scena domani al Teatro Libero, a cura dell'associazione «Sarabanda» di Elena Cerruto.

Signora Fux, a ottant'anni affronta uno spettacolo da sola, non le sembra un po' azzardato?
  • Per me danzare non è un lavoro, è iI piacere di vivere, di respirare, è un modo per andare incontro agli altri. In Sintesis de Vida danzerò scene della mia vita attraverso la musica, il silenzio, la forma. Ritorno ai miei primi quindici armi, quando fui ispirata dalla lettura di un libro molto importante: la vita di Isadora Duncan, una ballerina molto famosa del secolo scorso che sviluppò l'idea della libertà del movimento».

La danza come arteterapia: quando ha scoperto che la danza guarisce?
  • «Nella mia vita sono entrata in contatto con molte popolazioni primitive e ho compreso che la danza è una medicina non solo del corpo ma anche dell'anima».

Nei suoi gruppi accoglie persone con diversi handicap e riesce a farle danzare: qual è il segreto della sua tecnica?
  • «Sento la vita perché l'altro mi sta vicino. Io sono solo un ponte, cerco di trasmettere amore e dare all'altro la possibilità di crescere. La danzaterapia non è una tecnica ma un metodo nato dall'arte; aiuta a integrare la persona attraverso una successione di movimenti che procurano confidenza e alimentano la creatività».

In più occasioni ha affermato che tutti abbiamo dei limiti, anche le persone ritenute normali: in che senso?
  • «I limiti dell'altro permettono di conoscere anche i nostri. Il sordo non sente ma vede le nuvole che si muovono, il cieco non vede ma sente se io canto "ti voglio bene assai". Tutti siamo limitati, a volte crediamo di sentire e non sentiamo, di vedere e non vediamo. L'accettazione della diversità e del limite aiuta a usare la creatività».

Quand'è nata la sua passione per la danza?
  • «Il mio amore per la danza è cominciato quand'ero ancora nel ventre di mia madre che aveva un problema ad una gamba. Quel limite della mamma mi ha fatto capire e amare l'handicap, io sono la gamba di mia madre che danza. A tredici anni le ho chiesto di danzare e lei mi ha sempre aiutata mentre mio padre non voleva perché ballare, a quell'epoca, era sinonimo di prostituzione».

L'Argentina sta vivendo un periodo molto difficile, come pensa che uscirà da questa crisi?
  • "Il mio paese è in gravi difficoltà ma sono convinta che riuscirà a superare questo brutto periodo perché è popolato da gente meravigliosa che lavora nell'anonimato per far crescere la cultura degli emigranti. Questa nuova generazione ha molta fede e continua a seminare per far crescere nuovi frutti. In questo momento abbiamo bisogno dell'aiuto degli altri paesi, anche dell'Italia".


Valentina Vano, una delle alunne di Marìa

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Informazioni:
Valentina Vano
Milano, MI, Italy
danzaterapia@ymail.com
telefono: 339.4805.033 


Lezioni di danzaterapia individuali e di gruppo.
Per: adulti, bambini, terza e quarta età, attori, danzatori, cantanti lirici; disabilità, psichiatria, disagio, disturbi dell’ansia.
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